Per questo lavoro ho utilizzato la stenoscopia, ovvero la base della fotografia: una camera oscura con un forellino da cui entra la luce che, grazie alla diffrazione, si proietta al contrario e si imprime su materiale fotosensibile creando così una foto.
Ho deciso di lavorare con le pinhole perchè sono “macchine fotografiche” prive di mirino. 
È quindi un modo di vedere senza poter vedere, di fotografare, ma senza averne il controllo.

Ho progettato una scatola in cartoncino vegetale, avente un coperchio al cui interno ho posto un foglio fotosensibile.
Le dimensioni della scatola sono state scelte in base a quanto volevo realizzare con il mio progetto: una serie di ritratti. 
Ho quindi costruito una scatola con maggiore profondità per creare una sorta di teleobiettivo per avere volti più definiti.
In questo lavoro ho voluto ritrarre chi vive la periferia. Ho realizzato infatti una serie di fotografie nel quartiere Stadera, nella periferia sud di Milano. In particolare sono stata all’interno del Mercato comunale, un edificio fatiscente, abbandonato dal Comune, diventato negli anni un punto di ritrovo per gli abitanti del quartiere. All’interno vi sono ancora una serie di negozi alimentari e un bar. È un luogo che visto da fuori può sembrare trascurato e sicuramente non invita ad entrare; ma imparando a conoscere le persone che lo vivono, ci si accorge di quanta umanità e bellezza vi sia all’interno.
Con la pinhole, una macchina con cui non si può decidere l’inquadratura, ho quindi realizzato una serie di ritratti, per mostrare un vedere non visto, far entrare luce laddove è buio e mettere al centro ciò che di solito è ai margini.
Spiraglio
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